Pian de’ giullari – Associazione per la regolarità
di Andrea Bottai

Pian dei giullari è la collina di Firenze dove visse Galileo Galilei e dove l’osservatorio di Arcetri continua a scrutare l’Universo. Un luogo magico per stimolare la creatività, ovvero la nostra “regolarità individuale” che scatta e si mette in azione per dimostrare qualcosa di diverso da quello che tutti gli altri considerano normale, appunto, regolare. È il nome stesso della associazione a dirigere il percorso di ricerca estetica e filosofica dei fenomeni naturali che i “giullari” hanno il piacere di  esaltare e mettere in comune.

Così arriva questa MAD (Mostra a Distanza) mostra di arte giovane che si può vedere solo da lontano, in tempo di pandemia. Lo sguardo obbligato dalla vetrina di strada crea una visione in cui confluiscono 12 opere tutte ispirate e collegate allo stesso tema universale. I singoli lavori vengono arricchiti dalla relazione con gli altri mentre l’armonia complessiva viene raggiunta con le indicazioni degli insegnanti. Si avvera in qualche modo il sogno di Metastasio di realizzare una “opera totale” attraverso la sensibilità di tanti artisti impegnati a collegarsi all’unico cielo. Forse non è un caso che il “poeta cesareo” Pietro Trapassi, sia nato 4 secoli fa proprio in via dei Cappellari 30.

È un lavoro di squadra che valorizza le individualità nel solco della creatività positiva, partendo da un immagine, un colore, un pezzo di legno, da un piccolo segno  + o – si arriva al big-bang  oppure ai misteri della realtà attraverso un presentimento artistico. L’arte certamente è un’attività di ricerca come la scienza ma spesso l’anticipa perché è libera da protocolli e soprattutto è attratta delle cose strane. Lo conferma la nostra mostra del 2009, dal titolo “Trascrittasi inversa – Il coraggio della natura” dedicata all’enzima rivoluzionario che oggi permette al Covid 19 (genoma RNA) d’infettare le cellule umane (genoma DNA). (Vedi Rainews24 qui: Trascrittasi inversa, intervista ad Andrea Bottai).

Il più piccolo essere sta mettendo in ginocchio il pianeta, per trascuratezza umana, proprio nell’epoca di massima fiducia tecnologica: tutto, velocissimo- informatizzato-  globalizzato, all’improvviso è costretto a fermarsi. Ma l’arte va avanti curiosa, alimentata dall’immaginazione e dalla fantasia, aiuta la scienza che “non pensa” (Heidegger) a percepire in tempo quando gli attimi fuggenti diventano ricorrenti come quando i virus perdono i denti. Anche l’ironia, insegna Fausto Delle Chiaie, diventa un possente ed elegante strumento artistico per arginare la provocazione e la violenza diventate il pane quotidiano della rappresentazione distorta della nostra esistenza.

Un ringraziamento sincero all’Accademia di Belle arti di Roma, ai suoi docenti e allievi, che hanno gradito l’invito di esporre una mostra straordinaria, fuori schema, nel nostro laboratorio di via dei Cappellari. Un ringraziamento particolare a Elisabetta Sonnino, Sandro Polo e Silvia Calvarese che hanno ideato, curato ed allestito con entusiasmo questa avventura culturale, con l’auspicio di  realizzare insieme tante nuove esperienze oggi imprevedibili.


L’Accademia di Belle Arti di Roma
Scuola di Decorazione

La Scuola di Decorazione dell’ABA di Roma ha come elemento formativo-costitutivo, la progettazione dell’opera in uno spazio dato, in un’area che può essere pubblica o privata, all’interno di un’architettura, in un parco, o ancora, come in questa circostanza, in uno spazio espositivo dove, in collaborazione con l’associazione culturale GAF – Glocal Art Factory e Pian de’ Giullari – Associazione per la regolarità di Andrea Bottai, presenteremo la mostra Il Cielo in una Stanza che vuole essere la prima di una serie di iniziative che intendono collegare la didattica dei Corsi di Decorazione alle realtà culturali e professionali della città.

Il titolo della mostra vuole evocare la condizione coattiva in cui si vive; scandita paradossalmente dai colori, che da strumento poetico e artistico si trasformano in dispositivo che definisce gli stati costrittivi: come e dove andare, come e dove stare. E il rosso coincide con la nostra casa, il nostro rifugio, che, tuttavia, in questo periodo così drammatico, percepiamo come una prigione. Ma, direbbe Bachelard è il perimetro angusto di una cella, vera o percepita, che può, maggiormente, consentire all’immaginazione di dispiegare la propria rêverie, il proprio senso d’immensità compressa che solo il processo creativo può dare.

Gli studenti selezionati da GAF e dalla Galleria Pian de’ Giullari sono:

Angelo Corrao, Giulia D’Onorio, Chiara De Gol, Elisa Cavaterra, Giulio Martellotti, Irene Ginevra Middioni, Leonardo Petroselli, Gianmarco Savioli, Gabriele Siniscalco, Gabriele Villani, Luqi  Zhang, Jing  Zhou.


GAF Glocal Art Factory
Elisabetta Sonnino

In una stanza il cielo

Mimesi tra il dentro e il fuori.
Finte architetture, pergolati, prospettive lontane, spettacolari stanze decorate con tutti i possibili elementi dell’esterno. Il cielo innanzi tutto.
Pareti colorate decorate da cima a fondo si vedono paesaggi, spazi spaziosi cieli infiniti e giochi di chi può volare, gli uccelli regnano ricorrenti, pare di sentirli cantare.
Aprire l’ambiente in cui stare, una necessità ricorrente affinché lo spazio chiuso non sia costrizione e confine, allora le finestre sono preziose come un dono.
Diversamente lo spazio chiuso è protezione, da un pericolo esterno, da un cielo piovoso che non si vuole vedere. Grazie al cielo ho un tetto sulla testa.
Il cielo in una stanza un tema semplicemente poetico, eppure per imitare il cielo è necessario averlo compreso in maniera parimenti profonda.
Mai così desiderato il cielo, interrogato scrutato, che sia nuvolo in tempesta o sereno, una continua magia. Guarda il cielo e respira.
In una stanza vorremo che entrasse, l’aperto nel chiuso.
Perché mai?
Perché non è vero che i confini proteggono.
Come faccio a mettere il cielo in una stanza?
Usa l’immaginazione chiudi gli occhi e ogni perimetro si disfa.
Se riusciamo ad avere i ricordi e dunque andare indietro nel tempo che sarà mai trasformare le pareti in alberi?
La mimesi pare sia l’attività degli dei quando creano i sogni.

Una dinamica truppa di studenti arriva a gruppi a via dei Cappellari strada di Roma eletta alla poesia “qui come un angelo mi trovo per la via mia dolce vedova poesia”.
Ognuno porta o pensa un proprio oggetto artistico nel tema dato, incastriamoli tutti ricreando un punto di vista privilegiato attraverso il quale l’ordine si stabilisce.
La visione sarà dall’esterno questo esterno amato e odiato largo e stretto a volte più di una stanza. Un gioco di rimandi come fanno i suoni fino a trovare l’armonia.
Se posiziono qui il mio lavoro entra in risonanza con un altro e insieme con l’ambiente un algoritmo complesso come lo è in fondo l’abitare.
I maestri professori accolgono e guidano; carta, foto, lucette e piume; proiezioni, geometrie bucate, figurette arrotolate, gesti specchiati.
All’opera compiuta resta la contemplazione. Vedere o intravedere. La seconda più affascinante della prima. Ben venga dunque un unico punto di vista e l’impossibilità di entrare per vedere faccia a faccia ogni opera.
Del resto dal vicolo anche il cielo si intravede, soltanto.